Prendiamo il piccolo pulmino che ci porta a Birkenau. Siamo ancora tutti italiani, le riflessioni si sposano con l'incoscienza. Arriviamo a Birkenau, c'è un parcheggio piccino, e a pochi passi l'ingresso che dà sulle rotaie. Qui infatti arrivava il treno, si fermava fuori, faceva scendere chi non sarebbe mai sopravvissuto, e poi rientrava per chi invece poteva restare. Sul cancello, proprio dove ci sono le rotaie, una folla di turisti. Sono ragazzi giovani, molti di loro hanno magliette e bandiere con la stella di David.
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filo spinato, erba verde e camini degli ex forni crematori |
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i ragazzi all'ingresso |
Il campo di Birkenau è sicuramente d'effetto. L'erba è verdissima e contrasta con le baracche. Qui ci sono infatti le baraccopoli, i bagni, alcune zone lavoro e i forni crematori (o almeno, ciò che ne è rimasto).
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il campo di Birkenau |
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lapide commemorativa |
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l'arrivo del treno |
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baraccopoli distrutte |
La camminata è lunga, dalle rotaie fino in fondo, si arriva a una zona monumentale, da cui si può vedere lo stop del treno e scattare la classica foto "ricordo" che è ben stampata nella testa di ognuno ancora prima di partire. La guida è molto emozionata, Birkenau è un luogo toccante.
Ci porta a vedere i resti di alcuni uffici, illustra bene cosa era Birkenau e cosa comportava. E' pieno di baracche, sono tantissime, piccoli triangoli rossi che spiccano dall'erba curatissima. Entriamo in una di queste, camminando ancora molto e cercando di guardare bene dove mettiamo i piedi: piove di continuo.
Le baracche, seppur viste in modelli al campo di Auschwitz, sono impressionanti. Ci sono veramente due zone, a seconda del lavoro e del sesso degli internati. Quelle che vi trovate sulla sinistra entrando sono ancora ancora dignitose. In legno o muratura, sono letti castelli a gruppi di tre, in cui dormivano circa 6 persone (non so come potessero starci, erano davvero piccolissime) sopra dei sacchi che poi sono diventati fieno. La guida ci racconta, impressionando i nostri volti, che i posti più ambiti erano quelli in alto, perché spesso chi non ce la faceva a scendere impregnava di sudore ed escrementi il proprio letto, così che questi scivolavano sotto e sgocciolavano sugli altri internati...
Un caldo assurdo (ma anche un freddo d'inverno, non oso immaginare), centinaia di persone ammassate, che si dovevano portare i loro abiti, le scarpe e le scodelle a letto, per non farsele rubare o perderle.
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baraccopoli |
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solidarietà a Birkenau |
Le baracche delle donne forse sono ancora peggio. Si trovano in un'ala diversa. E c'è anche una zona in cui venivano stipati i primi arrivati per 40 giorni, una sorta di quarantena di verifica per selezionare gli individui più forti: chi sopravviveva poteva lavorare, chi si ammalava veniva abbattuto.
Qui le baracche sono allucinanti: molto meno qualitative, più piccole, con molti più posti letto e alcune dedicate soltanto alle latrine: delle lunghe panche di metallo con buchi vicinissimi tra loro. Gli internati dovevano raccogliere il tutto a mano e portarlo fuori da là... ma, dai libri di testo sappiamo che non veniva fatto a regola d'arte...
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l'interno di una baracca |
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interno baracca della zona quarantena |
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latrine |
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baracca zona quarantena |
Nel mezzo del campo quelli che una volta erano i forni crematori: sono ovunque, sono tantissimi. Oggi restano soltanto i camini, perché sono stati la prima cosa che i tedeschi nazisti hanno fatto saltare in aria.
Birkenau è forse più toccante di Auschwitz. Sarà che è molto esteso e gli spazi danno l'idea di una maggiore e intima possibilità di riflessione. Sarà che la desolazione la si sente proprio tutta... sarà che quando guardi baracche e latrine ti viene anche un po' di angoscia... sarà che il cielo, il verde, il rosso, il nero, contrastano con i sentimenti che hai dentro di te, che si muovono e tu non sai neanche cosa sono. Se piangi, e non sai neanche perché.
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ingresso |
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le rotaie |
All'uscita, un book shop, ma di quelli che ci sono in Polonia. Vende solo libri, libri sull'Olocausto, in varie lingue (anche se l'italiano è sempre molto sacrificato).
La mia visita finisce qui, sono tornata due volte, dopo aver lasciato la guida ad Auschwitz, ho ripreso la macchina e sono tornata qui. Ci vuole, è necessario. Auschwitz e Birkenau sono due luoghi che non si dimenticano, sono una crescita della vita che prima o poi va fatta, sono l'anima essenziale della natura umana in cui il potere e la coscienza di accoltellano tra loro, e il sangue svapora. Non abbiate paura, non c'è da averne. E' come sentirsi innamorati, le emozioni sono incontrollabili, belle e brutte, ma vale la pena viverle. Assolutamente.