Un Museo carinissimo questo di Cesenatico, scoperto per caso mentre attraversavo la Romea. Cesenatico mi piace molto, come tutte le piccole cittadine marittime poco attraversate dal turismo.
Il Museo della Marineria si trova in una zona pedonale, affacciato lungo il grande canale che ospita moltissime barche attraccate e alcune di esse sono ancora naviganti.
Il Museo ha infatti una sezione galleggiante all'esterno e una sezione a terra, che rappresenta la vera sede.
Lungo il canale ci sono 10 imbarcazioni tradizionali dell'alto e medio Adriatico, ognuna diversa e di diverse dimensioni. Due di esse sono ancora in uso per poter trasmettere ancora oggi le tecniche di manovra che si stanno ormai perdendo nel tempo.
Molto belle, vale la pena guardarle una a una e stupirsi soltanto per questo.
La sezione interna vi accoglie con il grande bookshop, molto bello e ricchissimo di gadget, soprattutto per i bambini. Il Museo si svolge in due piani, al suo centro ci sono infatti due enormi velieri, e al piano superiore possono essere ammirati anche dall'alto, grazie a particolari scale che ne consentono un'ampia visione.
Il Museo è allestito splendidamente. Quasi tutto multimediale, presenta ad ogni padiglione un pc che si accende da solo al passaggio, dove sono illustrate le tecniche corrispondenti o filmati esaustivi dell'epoca. Molto carina come idea e decisamente efficace. All'ingresso c'è una specie di canoa-gondola (difficile da definire), un reperto ormai unico proveniente dal veneto, donato al Museo da un mercante del 1800 che raccoglieva un po' di oggetti qua e là. Questo tipo di imbarcazione (vedi foto) veniva usata a Venezia per trasportare i turisti nei canali, o da un canale all'altro. Davvero originale, anche se ora non ricordo il nome, presenta due remi a forma di spatola.
Al centro della grande sala emergono (ed è il caso di dirlo) due enormi barche: il Cidia (un trabaccolo) e il Vigo (un bragozzo), risalenti al 1921 e molto usate nell'alto Adriatico nella marineria a vela. Sono bellissime e davvero grandi. Naturalmente non ci si può salire, ma ci sono diversi punti di visuale, da cui si può vedere praticamente tutto.
Sulla sinistra comincia la vera visita, con un percorso illustrativo sulla struttura delle barche: i materiali usati, un esempio di ruota del cordaio (con filmato in cui è un bimbo a lavorare per pochi spiccioli al giorno), il carro-leva con pezzi di corda di canapa, lo squero, l'allora cantiere navale. Ma anche le parole del mare, cioè un insieme di luoghi comuni verbali che hanno reso una simbologia comune a tutti i marinai dell'epoca. Inoltre la ricostruzione di una bottega di carpentieri navali di Cesenatico, che anticamente risiedeva lungo la banchina del porto, ricostruita come l'originale: la Bottega Marconi. L'argano da spiaggia colpisce per la sua grandezza; il pannello che lo illustra spiega bene come nei litorali a sud di Ancona, dove i porti canale non erano presenti come nella costa romagnola, le barche venivano tirate a braccia dalle persone con l'aiuto di argani di legno (impressionante!).
Sulla destra ci sono diversi esempi di ancore, nodi, bozzelli, timoni, vele e motori. Carina una piccola barchetta azzurra, costruita per i bambini e far capire loro le componenti principali delle barche.
Il piano superiore è molto carino, fa sentire più vicini all'aspetto umano dell'ambiente marinaro. Diversi sono gli oggetti presenti, riguardanti la vita di bordo, la pesca, la navigazione. A bordo ad esempio gli oggetti erano ridotti all'essenziale: un paio di pantaloni, un berretto, zoccoli di legno e cuoio, una camicia, un cappotto di lana impermeabilizzato con olio di lino. Ma ancora piccoli oggetti cari ai marinai: pipe di diverso tipo (ancora oggi pescate dai nostri marinai), un coltello a serramanico usato un po' per tutto (sia per mangiare che per tagliare le corde ad esempio!), ma anche grandi bauli decorati con disegni personali e fotografie della propria famiglia, alcuni con posate. Inoltre reti per pescare i vari tipi di pesci e crostacei (con eccellenti spiegazioni accanto), lumi a petrolio, campane e corni, vele colorate, bussole, scandagli a mano. L'uso di colori diversi consentiva la comunicazione tra le navi e il conseguente passaggio lungo lo stesso tratto di mare senza danni.
Se avete guardato bene le foto, avrete inoltre notato un simbolo particolare, e cioè quello degli occhi. Questi, posizionati a prua, avevano un significato puramente simbolico, e venivano collocati per rendere un po' l'idea che la barca stessa avesse due occhi aperti verso l'orizzonte. Presente inoltre il pulizon, una scultura chiamata anche cuffia, con aspetti simile a un vello di pecora. Anche questo è un simbolo propiziatorio, derivato dall'uso del sacrificio di animali alle divinità del mare.
Infine un grande spazio è dedicato ai relitti, specialmente motori. Sono impressionanti. Ricordano moltissimo le immagini di vecchi film in stile Titanic!
Concludendo, un Museo che vale sicuramente la pena vedere! Sia per gli adulti che per i ragazzi. L'ingresso di due euro (comprendente anche la visita all'Antiquarium) è davvero irrisorio. Molto ben allestito, pulito, multimediale, spazioso e ben illuminato. Inoltre dotato di accessibilità per gli invalidi (ascensore e scale attrezzate).
Un'altra sala ospitava la mostra temporanea a tema marinaro del pittore Gerard Rosés, che sarà visitabile fino al 24 maggio 2010. Veramente bella e originale, con diversi pezzi realizzati quasi tutti in cartone dipinto.
In foto: ingresso, imbarcazione turistica veneziana, carro-leva, materiali e attrezzi, scheletro dello scafo, l'argano da spiaggia, il Cidia e il Vigo, ancore, piccola barca per i bambini, motori, ancora il Cidia e il Vigo, pipe, zoccoli, coltelli, bauli, reti, lampade, gli occhi, rottami. Nell'ultima foto è presente uno scorcio della sala con le opere di Gerard Rosés.
In foto: ingresso, imbarcazione turistica veneziana, carro-leva, materiali e attrezzi, scheletro dello scafo, l'argano da spiaggia, il Cidia e il Vigo, ancore, piccola barca per i bambini, motori, ancora il Cidia e il Vigo, pipe, zoccoli, coltelli, bauli, reti, lampade, gli occhi, rottami. Nell'ultima foto è presente uno scorcio della sala con le opere di Gerard Rosés.