Il Museo Monumento al Deportato si trova all'interno del Palazzo dei Pio, affacciato su piazza dei Martiri, la principale piazza del centro storico di Carpi. L'ingresso è affiancato a un piccolo giardino con un monumento che rappresenta 16 grandi lastre con incisi i nomi, da una parte e dall'altra, di alcuni lager nazisti.
Il museo è organizzato in 13 sale ed è commemorativo. E' importante saperlo, perché all'interno non troverete molti oggetti o resti di campi di concentramento. Le sale sono sobrie ed essenziali, con scritte alle pareti e disegni di noti artisti che hanno voluto omaggiare la libertà dell'uomo e condannarne la crudeltà.
Il museo nasce nel 1973 ed è unico nel suo genere. Il piccolo atrio dà accesso alle sale che sono volutamente di muro "grezzo", grigio. La scelta appare azzeccata perché si ha un impatto freddo e gelido, che forse turba un po'. Lungo le pareti di ogni sala ci sono frasi incise a mano, che richiamano a lettere di alcuni dei condannati a morte della Resistenza europea. Altre sale invece risplendono grazie a graffiti (sempre nero su grigio) di pittori del calibro di Picasso, Longoni, Leger, Cagli, Guttuso.
Qualche reperto nel mezzo delle sale, ben protetto dal vetro: stoviglie, capelli, fotografie, oggetti, abiti, ossa, lettere. Il campo di concentramento di Fossoli è sicuramente uno dei campi minori, di passaggio, dove la vita si svolgeva molto diversamente dai forse "comuni" lager nazisti. Mi hanno colpita moltissimo alcune lettere esposte, in cui qualcuno si lamentava soprattutto del livello culturale della gente con cui era costretto a convivere. Parole borghesi dunque, ma che rappresentano comunque un piccolo dramma (se così si può chiamare), che fa pensare a quanto la gente non capisse o non sospettasse degli eventi di alcuni "colleghi". I graffiti sono spettacolari e io vi consiglio di prendere una guida, le ragazze sono molto brave e appassionate e vi spiegheranno in dettaglio il perché e il per come di ogni disegno.
Tra i più belli e significativi il graffito di Corrado Cagli (sala 8), un artista italiano poi militare dell'esercito alleato americano, che ha lasciato molti documenti significativi degli orrori da lui incontrati nei lager nazisti. Il graffito di Renato Guttuso (sala 6), sviluppato in lunghezza, che rappresenta diversi internati che camminano fianco a fianco. Sullo sfondo grigio, come in molti dei suoi quadri, il colore rosso. Il graffito di Picasso (sala 3), che rappresenta il volto di un internato. Il graffito di Fernand Leger, un piede e una mano con un sole rosso sullo sfondo a rappresentare il desiderio di pace. Il graffito di Alberto Longoni, che deve essere visto da lontano, copre una parete intera e rappresenta gli ebrei magrissimi e quasi stilizzati, in massa, l'uno a fianco all'altro, che camminano o si trascinano: sembrano tanti scheletri che avanzano nell'ombra della morte.
graffito Guttuso |
graffito Picasso |
graffito Cagli |
graffito Leger |
graffito Longoni |
Le frasi alle pareti sono da leggere, una per una, scritte da internati. Nelle loro parole una sofferenza inaudita, che tocca il cuore.
Una vetrina in particolar modo mi ha colpita. Quella dei disegni di alcuni bambini. Sono quaderni e fogli, in cui scrivevano ragazzi che già sapevano scrivere. Ad ogni disegno sono affiancate delle riflessioni e delle "poesie".
"E' piccolo il giardino profumato di rose
é stretto il sentiero dove corre il bambino:
un bambino grazioso come un bocciolo che si apre:
quando il bocciolo si aprirà, il bambino non ci sarà"
Frantisek Bass 14 anni (campo di Terezin)
"Invano giace il derelitto
invano si lamenta la sua voce.
Forse morirà. E' bello oggi il mondo,
vero?"
Anonimo
L'ultima sala, a fondo cieco, è forse la più sbalorditiva. Si chiama Sala dei Nomi (13) e lungo tutte le pareti sono incisi a mano i nomi di circa 15.000 cittadini deportati nei lager. L'effetto è impressionante. Ampi archi che circondano tutta la sala e i muri, tutto interamente scritto sul cemento. Veramente di grande impatto emotivo. Infine bisogna tornare indietro, non pensate di avere sbagliato strada. Il museo è a fondo cieco.
Il Museo Monumento al Deportato è un museo che vale la pena di vedere se siete appassionati di storia e se credete, come me, che nessuna atrocità debba essere dimenticata. Consiglio comunque la guida per poter capire meglio cosa state guardando.
sala dei nomi (foto wikipedia) |
Orari di apertura:
venerdì, sabato, domenica e festivi 10-13, 15-19.
Telefono: 059/688272
email: fondazione.fossoli@carpidiem.it
Nota: le prime tre foto sono dell'autore. All'interno è vietato fotografare. Le altre foto sono tratte da web. Se per qualunque motivo si ritiene che debbano essere tolte, contattatemi e provvederò immediatamente.
Nota: le prime tre foto sono dell'autore. All'interno è vietato fotografare. Le altre foto sono tratte da web. Se per qualunque motivo si ritiene che debbano essere tolte, contattatemi e provvederò immediatamente.